L’amica geniale di
Elena Ferrante è un romanzo che offre tanti spunti di interesse, in maniera particolare quando lo si rilegge e, non essendo ormai tanto presi dall’intreccio, ci si può
soffermare sullo stile, soprattutto su tutte le riflessioni sul linguaggio
letterario che compaiono lungo l’intera opera.
Ci sono poi tanti aspetti veramente riusciti, tra cui
spiccano le pennellate d’epoca, cioè tutti quei riferimenti alle abitudini
della vita quotidiana e ai nuovi oggetti che fanno capolino in quegli anni.
Tutto ciò permette al lettore di affacciarsi alla Napoli degli anni sessanta, un periodo
in cui sia la guerra che il dopoguerra si fanno ancora notare, ma anche ci si
avvia verso il boom economico italiano.
Comunque ciò che ci fa immedesimare di più è il rapporto di
amicizia tra Elena Greco e Raffaella Cerullo, anzi tra Lenù e Lila, tutte e due
amiche geniali l’una dell’altra. Non possiamo fare a meno che ricordare le
avventure trascorse durante la nostra infanzia, delle avventure che avevano
come denominatore comune l’essere sempre accompagnati da un amico o da un’amica
del cuore, un complice, un compagno di avventure a cui si voleva bene e si
augurava il meglio e con cui allo stesso tempo si gareggiava, sia nei giochi
che nelle vicende della vita.
L’infanzia è anche la prima volta che ci si avvicina alla
lettura, quindi si è soliti mantenere una sorta di intesa speciale con la
prospettiva e la voce dei personaggi più piccoli. In passato abbiamo letto e
amato Montedidio e Il bambino che collezionava parole. Stavolta è la prima
volta che scegliamo un libro la cui voce narrante appartiene a una bambina. Ci
si affeziona subito alla piccola Elena. Per fortuna, L’amica geniale è il primo
romanzo della tetralogia napoletana di Elena Ferrante, quindi vi consigliamo di
leggere il resto dei romanzi della serie per l’anno prossimo. Anch’essi sono
belli lunghi, quindi mettiamoci al lavoro :)